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Il pianto

Il pianto è il mezzo che il neonato ha a disposizione per comunicare il proprio sentire nei primissimi mesi di vita.

Riuscire a cogliere ed accogliere questa comunicazione, dandole un senso e riconducendola ad un bisogno, permette l’instaurarsi di un dialogo nella relazione tra genitore e bambino.

Il ripetersi di questi momenti di scambio, in cui il bambino piange e il genitore offre una risposta, permette di avvicinarsi lentamente ad una reciproca conoscenza e comprensione, anche se il bambino non dispone ancora del linguaggio. Anche in queste prime fasi dello sviluppo il bambino è, quindi, parte attiva della relazione: alcune ricerche mettono in evidenza che già nei primi mesi il bambino è in grado di emettere diversi tipi di pianto e poi, proprio grazie alla risposta che riceve, di scegliere tra questi il più efficace.

A volte, il pianto è un segnale di allarme: un equilibrio si è rotto e in qualche modo deve essere ripristinato. Tale equilibrio può essere legato a funzioni endogene, quali fame, sonno e bisogno di essere cambiato, oppure a funzioni esogene, ossia eventi che accadono nell’ambiente.

Quando il genitore riesce a comprendere la comunicazione sottostante il pianto e offre una risposta ad esso adeguata, introduce il suo bambino alla dimensione dell’attesa, della modulazione e della fiducia e pian piano lo aiuta a differenziare tra diversi bisogni.

Non è sempre facile cogliere il senso del pianto: a volte, i genitori possono rimanere intrappolati nell’ideale di un genitore perfetto, che tutto soddisfa e tutto comprende fin da subito, e quindi sentirsi incapaci, impotenti e sopraffatti dal pianto del bambino. Questo avrà delle conseguenze sulla percezione che il genitore ha delle proprie competenze e capacità.

In realtà, è importante tenere a mente che riuscire a cogliere le sfumature del pianto del proprio bambino è l’esito di un processo che richiede tempo, tolleranza e un po’ di ottimismo e fiducia. 

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