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L’ingresso alla scuola primaria

A settembre riprende l’attività clinica di medé. Per molti bambini questo è il periodo dell’ingresso alla scuola primaria. Ecco allora qualche spunto di riflessione per genitori e insegnanti.

 

A casa io gioco, a scuola io faccio … A casa c’è Mamma, a scuola Maestra … A casa io sono, a scuola divento … A casa c’è il nido, a scuola c’è il mondo
[Bruno Tognolini, Prima filastrocca di casa e di scuola]

Giocare con la materia è un modo come un altro per abituarci a padroneggiarla
[D. Pennac, 2007, Diario di scuola].

La curiosità e Il desiderio di conoscere hanno origini molto precoci nello sviluppo. L’ingresso alla scuola primaria comporta un’evoluzione e una trasformazione di questo desiderio. Il bambino a scuola incontra nuove sfide ed occasioni per lo sviluppo delle sue potenzialità, della sua intelligenza e delle relazioni con gli adulti e i pari. Questa nuova esperienza richiede l’armonizzazione tra regola e creatività, gioco e lavoro, tra azione e pensiero.

Ogni bambino che inizia la scuola porta nel suo “zainetto” le esperienze personali vissute fino a quel momento nel proprio ambiente familiare. Tali esperienze se caratterizzate perlopiù da stabilità e sicurezza permetteranno al bambino di riporre fiducia sugli adulti, “i maestri” che incontrerà nel suo nuovo percorso di crescita. È come se pensasse: “di mamma e papà mi posso fidare: mi fanno sentire accudito, protetto, compreso. Sono sicuro che in questo posto nuovo mi lasciano nelle mani di persone fidate“.
Anche i genitori, dal canto loro, è importante che abbiano fiducia sia nella scuola scelta, sia nelle risorse che il figlio ha per affrontare questa nuova realtà.

Con l’ingresso alla scuola primaria gli apprendimenti non sono più collegati principalmente al gioco e al corpo. Ora, per poter apprendere, occorre fare uno sforzo volontario. Imparare le lettere dell’alfabeto, imparare a leggere, a scrivere e a far di conto, richiede degli sforzi espliciti. Il bambino deve riunire tutte le sue energie e finalizzarle al compito, imparando pian piano a rinunciare ad altri piaceri più immediati dettati dal gioco libero.

Un po’ come nella favola dei tre porcellini, dove il fratello maggiore investe le sue energie nella costruzione della casa di mattoni, posticipando il tempo del gioco e del divertimento, ma forse si diverte anche nella costruzione della sua solida casetta!

A scuola quindi il bambino scopre che la creatività e la fantasia a volte hanno bisogno della diligenza e dell’ordine. La scuola obbliga anche alla riduzione dell’attività motoria. Il bambino conquista progressivamente la capacità di mantenere un’attenzione prolungata e il corpo fermo. Si confronta con l’attesa e con ritmi temporali scanditi, stretti e obbligati. Questo comporta sicuramente grosse fatiche.
Imparare però offre al bambino anche il piacere della scoperta e della conquista. Acquisisce strumenti che lo fanno sentire “grande”, saper leggere e scrivere è un po’ come far parte del mondo degli adulti!

La grandezza di questi eventi, abbinate alle responsabilità dell’apprendere, possono talvolta spaventare. Desiderio e paura, desiderio di progredire e bisogno di regredire sono emozioni che accompagnano il bambino nel suo ingresso a scuola. Se però le paure diventano troppo grandi, imparare può diventare difficile. Angosce e dispiaceri ripetuti “chiudono” alla conoscenza e a volte la rendono impossibile.

Spesso i genitori si trovano in difficoltà di fronte a bambini che rifiutano i compiti o dimostrano una certa difficoltà nell’ambiente scolastico: che fare per aiutarli?
A volte è sufficiente mettersi in una posizione di ascolto delle paure che il bambino esprime accogliendole senza metterle subito a tacere. Parlare con i bambini, farsi raccontare i pensieri, ascoltare i loro racconti con attenzione rende i bambini più sereni e sicuri.
E’ importante aiutare il bambino a “pregustare” ogni nuova esperienza. Ad esempio, mostrandogli i vantaggi che deriveranno dall’ingresso a scuola: conoscere tanti amici, imparare tante cose nuove.

L’ingresso nella scuola implica cambiamentianche nella relazione con l’altro. A scuola gli apprendimenti avvengono nel gruppo: la classe è un posto dove si è “tutti diversi ma tutti uguali” e l’esclusività nella relazione con l’adulto lascia il posto ad una dinamica più complessa.
Ogni bambino, all’interno del gruppo classe, mette in gioco aspetti di sé e i compagni sono specchio e metro di confronto: alcuni riflettono aspetti di sé conosciuti, altri invece parti di sé non ancora esplorate o temute.
Insomma il poter utilizzare al meglio le proprie capacità intellettive dipende anche dalla maturazione affettiva e relazionale.

Possono esserci bambini che:
• sono ancora alle prese con le vicende della separazione,
• presentano difficoltà a controllare gli impulsi e a tollerare le frustrazioni,
• faticano a mantenere l’attenzione su un compito o ad accettare regole e limiti
• faticano ad autoregolarsi.

 

Con la sua lente medé vuole mettere in luce che per uno sviluppo armonico sul piano cognitivo e affettivo -relazionale è necessario che lo sguardo dell’insegnante e quello dei genitori si integrino ognuno per la propria parte così da rendere giustizia alla complessità personale di ogni singolo bambino.

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