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I primi apprendimenti

La capacità di apprendere non inizia con l’ingresso a scuola, ma ben prima. Il bambino nel primo anno apprende più cose che non nel resto della vita: parlare, camminare, mangiare da solo.

I primi apprendimenti sono strettamente legati al corpo o perché avvengono nel corpo o tramite il corpo. Essi possono realizzarsi perché c’è una relazione con un adulto che:

  • dà significato alle sensazioni,
  • protegge e modula gli eccessi di stimolazione,
  • promuove il benessere e il piacere fisico,
  • trasforma in pensieri e parole ciò che il bambino vive.

 

Da subito il gioco viene introdotto nella relazione mamma e bambino nelle attività quotidiane. Gli apprendimenti avvengono attraverso il gioco, in un’atmosfera di piacere condiviso. Avvengono senza uno sforzo deliberato, in maniera implicita. Sono tuttavia fondamentali e la base per i successivi apprendimenti, che invece richiederanno energie e sforzi espliciti.

Nel gioco il bambino impara le qualità degli oggetti: freddo-caldo, duro-morbido, chiuso-aperto. Inoltre affina le sue capacità di manipolazione e comincia a differenziare.

Poi il gioco diventa più articolato e il bambino deve confrontarsi con i suoi impulsi e via via imparare a modularli. Un esempio è il gioco della torre. All’inizio, di fronte alla torre costruita da mamma o papà, si divertirà a distruggerla e sentire il rumore dei pezzi che si spargono sul pavimento. Poi aspetterà che venga ricostruita per poterla distruggere ancora. Più avanti comincerà a costruirla e in questo modo maneggerà senza saperlo le relazioni spaziali.

Pian piano si passa ad un gioco che rappresenta le fantasie, le paure, in generale le emozioni, i desideri e gli interrogativi del bambino. Un esempio può essere il gioco del cucù. Solitamente viene introdotto anche molto precocemente, ma assume significati più articolati via via che il bambino cresce, fino a rappresentare le vicende della separazione e il loro superamento. Ci si può separare con la sicurezza di potersi poi ritrovare: esperienza fondamentale quando il bambino deve inserirsi in ambienti nuovi. Impara infatti che si può salutare e lasciare i genitori sulla porta della scuola materna solo se si è sicuri di poterli poi ritrovare. 

Per questo per un bambino il gioco è una attività si piacevole, ma anche seria. Perché è attraverso il gioco che scopre il mondo esterno ed interno, i suoi limiti e le sue capacità e mette in scena i suoi interrogativi e le sue fantasie. 

“Se il bambino gioca, non importa se presenta uno o due sintomi; se un bambino riesce a divertirsi giocando, sia da solo che con gli altri, non c’è nessun problema grave”.  (Winnicott, Il bambino normale, 1946)

L’incapacità di giocare è sempre segnale di un disagio evolutivo che va compreso. “gioca da solo” “ non gioca come gli altri”, “a lui non interessano i giochi che piacciono agli altri bambini”, sono elementi che devono accendere un   campanello, di allarme. 

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